ABBAZIA DI VALLOMBROSA

Ispirata alla regola benedettina, nel 1015 la Congregazione dei Vallombrosani fu stabilita da San Giovanni Gualberto in località detta Acquabella. Grazie a lasciti e donazioni il cenobio accrebbe il proprio patrimonio fondiario: notevoli le acquisizioni del 1039, con il Monastero di Sant’Ilario che donò terre agricole, boschi e pascoli dalla Secchieta a Sant’Ellero, e del 1103, con cui la contessa Matilde e il conte Guido Guerra donarono la metà del castello di Magnale e Pagiano comprese case, terre e vigne. L’espansione proseguì anche nel Duecento, quando il complesso iniziò ad evolversi: importanti le opere tra i secoli XIII e XV, con il chiostro principale, la sacrestia, la torre Sud, il noviziato e il refettorio; successivamente furono eretti il muro difensivo principale, lo scomparso “palazzotto dell’abate” e la biblioteca, oltre ad alcuni rifacimenti. Al 1645 risale invece il primo documento nel quale si descrive estesamente la coltura dell’abete a Vallombrosa. A cavallo del 1900 furono costruite le strade di collegamento odierne: dopo le soppressioni napoleoniche del 1810 e del 1866 del Regno d’Italia, i monaci poterono infine rientrare a Vallombrosa nel 1949.

Ci sono due possibilità per raggiungere la località di Vallombrosa.

La prima, al chilometro 6300 nell’abitato di Tosi prendendo la strada sulla sinistra lasciando il percorso dirigersi verso Donnini. L’abbazia, dopo una salita impegnativa, è distante 5700 chilometri.

La seconda, al chilometro 37900 al termine della strada sterrata, svoltando a destra anziché a sinistra come il percorso e raggiungendo Vallombrosa in 5600 chilometri dopo qualche saliscendi.